Ah! L'amicizia! "Croce e delizia"! Anche in
quest'occasione l'MTC mi ha portato a riflettere su un argomento, o meglio, su
un sentimento, che ho sempre messo al primo posto nella mia vita, ma che in
realtà non sono mai riuscita a vivere bene fino in fondo. Poiché sono molto
pigra, il più delle volte è successo che mi sono lasciata trasportare, e mi
sono legata agli altri o per inerzia, o per le circostanze, se non addirittura
per certi obblighi. Non sono una gran chiacchierona, così ho avuto sempre
amiche logorroiche, quasi autistiche, che non si chetavano mai; non sono
un'organizzatrice, così ho lasciato che altri organizzassero e pianificassero
il mio tempo libero, ho nascosto le mie idee perché non erano opportune e…sono
stata molto male. Tanto male che, all'improvviso, per qualche ostacolo anche di
poco conto, con totale incoscienza, varie volte ho sfasciato l'amicizia di
punto in bianco, nel bel mezzo del cammino. Per fortuna mi sono venuti in aiuto i Libri VIII e IX dell'Etica
Nicomachea di Aristotele che trattano proprio il tema dell'amicizia, di cui riporto
un estratto: così come ogni buona lettura, i classici greci mi hanno sempre
confortato e soprattutto non mi hanno fatto sentire sola, o strana, o inadeguata,
perché i difetti e le mancanze umane in essi sono affrontati con un'analisi che
non è mai spietata, (dal momento che persino gli Dei si comportano come i
mortali), e tutto viene ricompreso e inserito nell'accadere naturale degli
eventi.
Dedico quindi i miei
muffins, e scusatemi, ad Aristotele, perché per tutta la vita questo brano mi
ha seguita, di pari passo con l'eterno dilemma se fossi io inadatta agli amici
che ho avuto (molti, diversi e nelle diverse età) o se fossero loro inadatti ad
essere considerati amici nel senso che auspica Aristotele.
"Dunque, coloro che amano a
causa dell’utile, amano a causa di ciò che è bene per loro, e quelli che amano per
il piacere lo fanno per ciò che è piacevole per loro, e non in quanto l’amato è
quello che è, ma in quanto è utile o piacevole. Per conseguenza, queste
amicizie sono accidentali: infatti, non è in quanto è quello che è, che l’amato
è amato, ma in quanto procura un bene o un piacere. Per conseguenza, le
amicizie di tale natura si dissolvono facilmente, perché gli amici non
rimangono uguali a se stessi: se, infatti, uno non è più utile o piacevole,
l’altro cessa di amarlo. E l’utile non è costante, ma è diverso di volta in
volta. Quindi, svanito il motivo per cui erano amici, si dissolve anche
l’amicizia, dal momento che l’amicizia sussiste in relazione a quei fini.
L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per
virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in
quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il
bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano
questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non
accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni,
e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in
senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in
senso assoluto sia utili gli uni agli altri. E come sono buoni, sono anche piacevoli,
giacché i buoni sono piacevoli sia in senso assoluto sia gli uni in relazione
agli altri: infatti, per ciascuno sono fonte di piacere le azioni conformi alla
sua natura e quelle dello stesso tipo, e le azioni dei buoni sono appunto
identiche o simili. E una tale amicizia, naturalmente, è permanente, giacché
congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere. […] Ma è
naturale che simili amicizie siano rare, giacché pochi sono gli uomini di tale
natura. Inoltre, richiede tempo e consuetudine di vita comune: secondo il
proverbio, infatti, non è possibile conoscersi reciprocamente finché non si è
consumata insieme la quantità di sale di cui parla appunto il proverbio. Per
conseguenza, non è possibile accogliersi come amici, né essere amici, prima che
ciascuno si sia manifestato all’altro degno di essere amato e prima che
ciascuno abbia ottenuto la confidenza dell’altro. E coloro che si scambiano
rapidamente l’un l’altro i segni dell’amicizia, vogliono, sì, essere amici, ma
non lo sono, se non sono anche degni di essere amati e se non lo sanno:
infatti, la volontà di amicizia sorge rapidamente, ma non l’amicizia."
Se lo stile e l'approccio quasi scientifico dello Stagirita
vi risultasse un po' pesantino, potete leggere gli stessi concetti nel breve brano
che riporto qui sotto, tratto dal "De
Amicitia" di Marco Tullio Cicerone, scritto nel suo consueto stile
fluente e molto accattivante. Con questo intendo dire: avevano già detto tutto
i Greci, i Latini hanno in buona sostanza "emulato" , e su questo non
sento storie, ovvìa! (a parte le
polemiche, se avete voglia, leggete tutto il trattato di Cicerone, è
meraviglioso):
"Se alcuni pensano che
l'amicizia derivi dalla debolezza e dalla necessità di cercare qualcuno in
grado di procurarci quel che ci manca, è perché attribuiscono all'amicizia, se
così posso esprimermi, un'origine davvero bassa e ignobile, volendola figlia
del bisogno e dell'indigenza. Se così fosse, quanto più uno si sentisse insicuro,
tanto più sarebbe adatto all'amicizia. Ma la verità è un'altra! Infatti quanto
più uno ha fiducia in sé, quanto più è armato di virtù e di saggezza, in modo
da non avere bisogno di nessuno e da considerare ogni suo bene un fatto
interiore, tanto più eccelle nel cercare e nel coltivare le amicizie. Cosa?
L'Africano aveva bisogno di me? Figuriamoci! E nemmeno io avevo bisogno di lui!
Ma gli ho voluto bene perché ammiravo molto il suo valore, e lui, a sua volta,
perché aveva una certa considerazione della mia persona. La confidenza accrebbe
il nostro affetto. È vero, ne conseguirono molti e grandi vantaggi, ma la
speranza di ottenerli non fu il presupposto del nostro attaccamento. Come siamo
generosi e liberali non per riscuotere una ricompensa - non diamo i nostri
benefici a usura, ma per natura siamo propensi alla generosità -, così dobbiamo
credere che si debba ricercare l'amicizia non nella speranza di un
contraccambio, ma nella convinzione che il suo intero guadagno consista
unicamente nell'amore. […] Ecco perché, e non bisogna stancarsi di ripeterlo,
prima devi giudicare, poi voler bene, e non il contrario."
E allora a questo punto io mi chiedevo: ma perché non mi
trovo bene con i miei amici? Forse perché non sono una persona
"virtuosa"? Non valgo abbastanza? Non sono buona?, ecc. ecc. Finché,
qualche anno fa, ho cominciato finalmente, alla veneranda età di quasi
cinquant'anni, a curare me stessa, i miei dubbi e le mie paturnie, coltivando il
mio interesse di sempre, la cucina. Ho iniziato guardando i vari blog, e vedevo
che tante persone in quella sede vivevano la vita che volevano per quel che
potevano, si esprimevano con libertà e sincerità, davano vita alle loro idee,
si conoscevano, si confrontavano e facevano "amicizia". Aristotele
aveva ragione. Ho iniziato a partecipare al Forum di un bel blog, dapprima timidamente.
Era molto bello e divertente, aspettavo a gloria la sera dopo cena per
accendere il pc e chiacchierare con gli altri, le serate erano diventate molto
piacevoli, quando un giorno, non ricordo più chi lo propose (ahimé) decidemmo
finalmente di ritrovarci tutti quanti per conoscerci di persona: fu una serata
bellissima, ci buttarono letteralmente fuori dalla pizzeria, tante erano le
cose che avevamo da dirci. Da quel momento non ci siamo più persi di vista.
Abbiamo fatto tante cose insieme. Mi hanno sostenuto tutti sempre, ognuno a
modo suo, e condotta fin qui. Non solo. Con due di queste persone (possono
partire i violini e il groppo in gola), ho cominciato a essere veramente me
stessa e quando sono con loro sono davvero felice. Meglio tardi che mai, si
potrebbe dire, o, come preferisco dire io, non è mai troppo tardi ;)
Questi muffins sono dedicati con tutto il cuore ad
Aristotele e alle mie due amiche-per-sempre. E anche all'MTC, proprio perché mi
ha aperto a nuove amicizie, per ora virtuali e presto, ci conto, anche reali.
MUFFINS DELL'AMICIZIA
(perché ci piacciono a tutte e tre)
Ingredienti:
210 gr. di farina 0
40 gr. di cacao amaro in polvere
140 gr. di zucchero
3 cucchiaini di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
100 gr. di yogurt intero bianco
60 gr. di latte
1 uovo grande
85 gr. di burro fuso freddo
un numero a piacere di ciliegie sciroppate
cioccolato a scaglie per decorare
3 cucchiai del loro sciroppo
Per diciotto pirottini
Per questi muffins mi sono fatta ispirare dalle nostre comuni voglie di dolce, perché quando siamo a giro in centro a Firenze tutte e tre insieme, ci fermiamo a trovare la nostra amica Gaia del Dolce Emporio, e lì facciamo danni. Se lei non c'è, salutiamo volentieri il suo simpatico babbo, che ci aggiorna sulle ultime uscite "golose", e noi torniamo sempre a casa con qualcosina di imperdibile. Spesso ci fa anche assaggiare, tipo appunto quei cioccolatini con dentro la ciliegia e il liquore che sono irresistibili: mentre li assaporiamo ci guardiamo negli occhi e diciamo "mmmhhh!!!". Così ho cercato di ritrovare quella sensazione in questi muffins al cioccolato, arricchendoli con le ciliegie sotto liquore, e sono molto soddisfatta del risultato.
Ho seguito le istruzioni dettagliatissime della Francesca Carloni, tranne che per quanto riguarda il procedimento del burro e dello zucchero lavorati insieme, infatti non li avevo mai fatti in quel modo e, terrorizzata di doverli casomai rifare, ho seguito la mia tecnica consolidata di fondere il burro e lasciarlo raffreddare: sono squalificata? Speriamo di no!
Dunque: mettete a fondere il burro nel microonde a bassa temperatura e fatelo raffreddare. Setacciate la farina, il cacao e il lievito tutti in una ciotola, aggiungete lo zucchero e il pizzico di sale e mescolate bene. In un'altra ciotola mettete l'uovo sbattuto, lo yogurt, il latte, il burro fuso freddo e lo sciroppo delle ciliegie. Mescolate bene. Aggiungete il composto liquido a quello delle polveri e mescolate "non più di dieci volte" ;). A questo punto ho riempito i pirottini mettendo sul fondo un po' di composto, un paio di ciliegie e ancora composto, poi li ho messi in frigo, mentre il forno intanto raggiungeva la temperatura di 180°. Ho infornato per 20 minuti. Quando si sono raffreddati li ho spennellati con altro sciroppo e cioccolato a scaglie.
Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 43 di novembre 2014.