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Kitchening

martedì 25 novembre 2014

I miei muffins dell'amicizia con Aristotele e Cicerone





Ah! L'amicizia! "Croce e delizia"! Anche in quest'occasione l'MTC mi ha portato a riflettere su un argomento, o meglio, su un sentimento, che ho sempre messo al primo posto nella mia vita, ma che in realtà non sono mai riuscita a vivere bene fino in fondo. Poiché sono molto pigra, il più delle volte è successo che mi sono lasciata trasportare, e mi sono legata agli altri o per inerzia, o per le circostanze, se non addirittura per certi obblighi. Non sono una gran chiacchierona, così ho avuto sempre amiche logorroiche, quasi autistiche, che non si chetavano mai; non sono un'organizzatrice, così ho lasciato che altri organizzassero e pianificassero il mio tempo libero, ho nascosto le mie idee perché non erano opportune e…sono stata molto male. Tanto male che, all'improvviso, per qualche ostacolo anche di poco conto, con totale incoscienza, varie volte ho sfasciato l'amicizia di punto in bianco, nel bel mezzo del cammino. Per fortuna mi sono venuti in aiuto i Libri VIII e IX dell'Etica Nicomachea di Aristotele che trattano proprio il tema dell'amicizia, di cui riporto un estratto: così come ogni buona lettura, i classici greci mi hanno sempre confortato e soprattutto non mi hanno fatto sentire sola, o strana, o inadeguata, perché i difetti e le mancanze umane in essi sono affrontati con un'analisi che non è mai spietata, (dal momento che persino gli Dei si comportano come i mortali), e tutto viene ricompreso e inserito nell'accadere naturale degli eventi.
Dedico quindi i  miei muffins, e scusatemi, ad Aristotele, perché per tutta la vita questo brano mi ha seguita, di pari passo con l'eterno dilemma se fossi io inadatta agli amici che ho avuto (molti, diversi e nelle diverse età) o se fossero loro inadatti ad essere considerati amici nel senso che auspica Aristotele.

"Dunque, coloro che amano a causa dell’utile, amano a causa di ciò che è bene per loro, e quelli che amano per il piacere lo fanno per ciò che è piacevole per loro, e non in quanto l’amato è quello che è, ma in quanto è utile o piacevole. Per conseguenza, queste amicizie sono accidentali: infatti, non è in quanto è quello che è, che l’amato è amato, ma in quanto procura un bene o un piacere. Per conseguenza, le amicizie di tale natura si dissolvono facilmente, perché gli amici non rimangono uguali a se stessi: se, infatti, uno non è più utile o piacevole, l’altro cessa di amarlo. E l’utile non è costante, ma è diverso di volta in volta. Quindi, svanito il motivo per cui erano amici, si dissolve anche l’amicizia, dal momento che l’amicizia sussiste in relazione a quei fini. L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni, e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in senso assoluto sia utili gli uni agli altri. E come sono buoni, sono anche piacevoli, giacché i buoni sono piacevoli sia in senso assoluto sia gli uni in relazione agli altri: infatti, per ciascuno sono fonte di piacere le azioni conformi alla sua natura e quelle dello stesso tipo, e le azioni dei buoni sono appunto identiche o simili. E una tale amicizia, naturalmente, è permanente, giacché congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere. […] Ma è naturale che simili amicizie siano rare, giacché pochi sono gli uomini di tale natura. Inoltre, richiede tempo e consuetudine di vita comune: secondo il proverbio, infatti, non è possibile conoscersi reciprocamente finché non si è consumata insieme la quantità di sale di cui parla appunto il proverbio. Per conseguenza, non è possibile accogliersi come amici, né essere amici, prima che ciascuno si sia manifestato all’altro degno di essere amato e prima che ciascuno abbia ottenuto la confidenza dell’altro. E coloro che si scambiano rapidamente l’un l’altro i segni dell’amicizia, vogliono, sì, essere amici, ma non lo sono, se non sono anche degni di essere amati e se non lo sanno: infatti, la volontà di amicizia sorge rapidamente, ma non l’amicizia."

Se lo stile e l'approccio quasi scientifico dello Stagirita vi risultasse un po' pesantino, potete leggere gli stessi concetti nel breve brano che riporto qui sotto, tratto dal "De Amicitia" di Marco Tullio Cicerone, scritto nel suo consueto stile fluente e molto accattivante. Con questo intendo dire: avevano già detto tutto i Greci, i Latini hanno in buona sostanza "emulato" , e su questo non sento storie, ovvìa!  (a parte le polemiche, se avete voglia, leggete tutto il trattato di Cicerone, è meraviglioso):

"Se alcuni pensano che l'amicizia derivi dalla debolezza e dalla necessità di cercare qualcuno in grado di procurarci quel che ci manca, è perché attribuiscono all'amicizia, se così posso esprimermi, un'origine davvero bassa e ignobile, volendola figlia del bisogno e dell'indigenza. Se così fosse, quanto più uno si sentisse insicuro, tanto più sarebbe adatto all'amicizia. Ma la verità è un'altra! Infatti quanto più uno ha fiducia in sé, quanto più è armato di virtù e di saggezza, in modo da non avere bisogno di nessuno e da considerare ogni suo bene un fatto interiore, tanto più eccelle nel cercare e nel coltivare le amicizie. Cosa? L'Africano aveva bisogno di me? Figuriamoci! E nemmeno io avevo bisogno di lui! Ma gli ho voluto bene perché ammiravo molto il suo valore, e lui, a sua volta, perché aveva una certa considerazione della mia persona. La confidenza accrebbe il nostro affetto. È vero, ne conseguirono molti e grandi vantaggi, ma la speranza di ottenerli non fu il presupposto del nostro attaccamento. Come siamo generosi e liberali non per riscuotere una ricompensa - non diamo i nostri benefici a usura, ma per natura siamo propensi alla generosità -, così dobbiamo credere che si debba ricercare l'amicizia non nella speranza di un contraccambio, ma nella convinzione che il suo intero guadagno consista unicamente nell'amore. […] Ecco perché, e non bisogna stancarsi di ripeterlo, prima devi giudicare, poi voler bene, e non il contrario."

E allora a questo punto io mi chiedevo: ma perché non mi trovo bene con i miei amici? Forse perché non sono una persona "virtuosa"? Non valgo abbastanza? Non sono buona?, ecc. ecc. Finché, qualche anno fa, ho cominciato finalmente, alla veneranda età di quasi cinquant'anni, a curare me stessa, i miei dubbi e le mie paturnie, coltivando il mio interesse di sempre, la cucina. Ho iniziato guardando i vari blog, e vedevo che tante persone in quella sede vivevano la vita che volevano per quel che potevano, si esprimevano con libertà e sincerità, davano vita alle loro idee, si conoscevano, si confrontavano e facevano "amicizia". Aristotele aveva ragione. Ho iniziato a partecipare al Forum di un bel blog, dapprima timidamente. Era molto bello e divertente, aspettavo a gloria la sera dopo cena per accendere il pc e chiacchierare con gli altri, le serate erano diventate molto piacevoli, quando un giorno, non ricordo più chi lo propose (ahimé) decidemmo finalmente di ritrovarci tutti quanti per conoscerci di persona: fu una serata bellissima, ci buttarono letteralmente fuori dalla pizzeria, tante erano le cose che avevamo da dirci. Da quel momento non ci siamo più persi di vista. Abbiamo fatto tante cose insieme. Mi hanno sostenuto tutti sempre, ognuno a modo suo, e condotta fin qui. Non solo. Con due di queste persone (possono partire i violini e il groppo in gola), ho cominciato a essere veramente me stessa e quando sono con loro sono davvero felice. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire, o, come preferisco dire io, non è mai troppo tardi ;)
Questi muffins sono dedicati con tutto il cuore ad Aristotele e alle mie due amiche-per-sempre. E anche all'MTC, proprio perché mi ha aperto a nuove amicizie, per ora virtuali e presto, ci conto, anche reali.





MUFFINS DELL'AMICIZIA
(perché ci piacciono a tutte e tre)

Ingredienti:
210 gr. di farina 0
40 gr. di cacao amaro in polvere
140 gr. di zucchero
3 cucchiaini di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
100 gr. di yogurt intero bianco
60 gr. di latte
1 uovo grande
85 gr. di burro fuso freddo
un numero a piacere di ciliegie sciroppate 
cioccolato a scaglie per decorare
3 cucchiai del loro sciroppo

Per diciotto pirottini

Per questi muffins mi sono fatta ispirare dalle nostre comuni voglie di dolce, perché quando siamo a giro in centro a Firenze tutte e tre insieme, ci fermiamo a trovare la nostra amica Gaia del Dolce Emporio, e lì facciamo danni. Se lei non c'è, salutiamo volentieri il suo simpatico babbo, che ci aggiorna sulle ultime uscite "golose", e noi torniamo sempre a casa con qualcosina di imperdibile. Spesso ci fa anche assaggiare, tipo appunto quei cioccolatini con dentro la ciliegia e il liquore che sono irresistibili: mentre li assaporiamo ci guardiamo negli occhi e diciamo "mmmhhh!!!". Così ho cercato di ritrovare quella sensazione in questi muffins al cioccolato, arricchendoli con le ciliegie sotto liquore, e sono molto soddisfatta del risultato.
Ho seguito le istruzioni dettagliatissime della Francesca Carloni, tranne che per quanto riguarda il procedimento del burro e dello zucchero lavorati insieme, infatti non li avevo mai fatti in quel modo e, terrorizzata di doverli casomai rifare, ho seguito la mia tecnica consolidata di fondere il burro e lasciarlo raffreddare: sono squalificata? Speriamo di no!
Dunque: mettete a fondere il burro nel microonde a bassa temperatura e fatelo raffreddare. Setacciate la farina, il cacao e il lievito tutti in una ciotola, aggiungete lo zucchero e il pizzico di sale e mescolate bene. In un'altra ciotola mettete l'uovo sbattuto, lo yogurt, il latte, il burro fuso freddo e lo sciroppo delle ciliegie. Mescolate bene. Aggiungete il composto liquido a quello delle polveri e mescolate "non più di dieci volte" ;). A questo punto ho riempito i pirottini mettendo sul fondo un po' di composto, un paio di ciliegie e ancora composto, poi li ho messi in frigo, mentre il forno intanto raggiungeva la temperatura di 180°. Ho infornato per 20 minuti. Quando si sono raffreddati li ho spennellati con altro sciroppo e cioccolato a scaglie.



Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 43 di novembre 2014.

martedì 18 novembre 2014

iPie con farina Miracolo del Molino Grassi



E' una torta facilissima e squisita, se poi è fatta con ingredienti di ottima qualità e accompagnata da una montagna di panna montata, allora è paradisiaca!

Ingredienti per uno stampo da 20 cm.:

Per la pasta brisée, metodo Felder
200 gr. di farina Miracolo del Molino Grassi  
90 gr. di burro freddo
1 uovo
1 cucchiaio di acqua gelata
1 pizzico di sale

Per la farcitura
4 mele royal gala
un cucchiaino di estratto di vaniglia
4 cucchiai di zucchero di canna
una noce di burro
una stecca di cannella


Intridete burro freddo, farina e sale con la punta delle dita fino ad ottenere un composto sabbioso, poi fate la fontana nel mezzo e metteteci l'uovo sbattuto col cucchiaio di acqua fredda. Raccogliete con una forchetta il composto di farina portandolo verso il centro e impastando fino a raccoglierlo tutto, poi continuate a mano, stringendo il composto e impastando pochissimo, solo il tempo necessario a ottenere un impasto liscio e omogeneo. Fatene una palla e mettetela in frigo per qualche ora almeno (io una notte).
Potete preparare la sera prima anche le mele: fatele a dadini e saltatele in una larga padella con burro, zucchero, vaniglia e cannella. La padella dev'essere larga sennò le mele vengono lesse, invece devono cuocersi, ma non disfarsi. Mettetele a raffreddare.
Trascorso il tempo di riposo necessario, dividete in due la pasta brisée, nella proporzione di due terzi e un terzo. Stendete i due terzi di pasta in un cerchio più grande dello stampo e adagiatevelo dentro, bucherellando il fondo. Se lo stampo è di porcellana, di quelli adatti a d essere portati in tavola, tanto meglio. Il cerchio di pasta dovrà debordare di almeno un paio di centimetri fuori dello stampo. Stendete anche l'altro cerchio di pasta. Rovesciate le mele nello stampo (ricordatevi di togliere la stecca di cannella) e coprite con il cerchio più piccolo di brisée, dopo aver fatto al centro un camino per la fuoriuscita del vapore. Ripiegate la pasta eccedente del cerchio più grande sul cerchio più piccolo, sigillando bene i due strati di pasta e premendo con l'indice della mano destra sulla pasta tenuta tra il pollice e l'indice della mano sinistra, per creare in questo modo anche una decorazione tutt'intorno. Infornate inizialmente a 200°, poi dopo dieci minuti abbassate a 180° e cuocete ancora per mezz'ora circa, fino a quando la superficie sarà dorata.
La consistenza friabile della brisée e il suo sapore rustico, quasi di pane, ne fanno una torta semplice e golosa che vi consiglio di gustare tiepida o a temperatura ambiente, accompagnata da una salsa alla vaniglia o da una dose generosa di panna montata.


Con questa ricetta partecipo al contest del Molino Grassi


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mercoledì 12 novembre 2014

Torta di ricotta e uvette


Per una buona colazione sana ed energetica non c'è (quasi) niente di meglio di questa torta coccolosa, dolce e fondente. Si prepara in pochi minuti senza alcuna difficoltà, ed è sempre gettonatissima, a qualsiasi ora del giorno, a dire il vero ;)

Ingredienti:
200 gr. di ricotta (ho usato le ricottine Granarolo e sono davvero buone)
180 gr. di zucchero Zefiro
2 uova intere
85 gr. di burro fuso non caldo
125 gr. di farina finissima 00
1 cucchiaino colmo di lievito per dolci Bertolini
una manciata di uvetta biologica e non risecchita, mi raccomando
un pizzico di sale

Montate a neve gli albumi e tenete da parte. Con una frustina a mano fate una bella cremina mescolando insieme la ricotta e lo zucchero, aggiungete i due tuorli e mescolate bene, aggiungete il burro fuso e mescolate bene. Lasciate la frustina e prendete un mestolo di legno,  aggiungete la farina il sale e il lievito (uniti insieme) un pochino per volta, sempre mescolando ma non a lungo, solo quel tanto che basta a rendere omogeneo il composto. A questo punto lasciate il mestolo di legno e con una spatola unite delicatamente le chiare montate a neve, col solito movimento dal basso verso l'alto. Per ultima cosa aggiungete una manciata di uvette, prese direttamente dal sacchetto, senza ammollarle strizzarle e infarinarle, così come sono (sarà questo il segreto per non farle affondare? Mah, fatto sta che a far così è la prima volta che ho delle uvette che non conoscono la forza di gravità, sììì!!!)
Imburrate e infarinate uno stampo di 20 cm. di diametro (è un po' al limite, vedrete che in forno si alzerà dal bordo leggermente, ma senza rovesciarsi, tranquilli) e riempitelo col composto, quindi infornate a 175° per cinquanta minuti circa. E' buona con tutto, col caffè, con il tè, con la cioccolata...:)))


sabato 8 novembre 2014

Sformato di gobbi


Stamattina sono di corsa, ma vi lascio comunque la ricetta perché l'ho promesso ieri sera. Ottima ricetta, non proprio veloce, ma di facile esecuzione, e questa è già una sicurezza;)
L'unica scocciatura è pulire i gobbi, ma se quando siete a comprarli scegliete un bel gobbo giovincello e non troppo grande, il più è fatto perché non ci saranno troppi fili da togliere e sarà comunque ancora tenero. 

Ingredienti:
Un bel gobbo giovane
50 gr. di farina
50 gr. di burro
500 ml di latte intero
50 gr. di parmigiano
2 uova intere
salvia
olio sale e pepe e noce moscata
burro e pangrattato per lo stampo

Panna e parmigiano per la fondutina (ma va bene anche il taleggio)

Si comincia col pulire i gobbi togliendo i filamenti esterni e laterali, poi si tagliano a pezzetti di circa 4 cm. e si mettono in una ciotola con acqua e limone per non farli annerire. Si lessano in acqua in piena ebollizione per circa mezz'ora, si scolano bene e si frullano fino ad ottenere una purea. Questa purea sarà un po' acquosa, quindi andrà ripassata in padella con olio aglio e salvia finché non si sarà asciugata così bene da attaccarsi quasi alla padella (sorvegliate mi raccomando!). Fatela raffreddare. Nel frattempo preparate la besciamella con gli ingredienti suddetti e fatela raffreddare. Quando è tiepida aggiungeteci le uova, la noce moscata e il parmigiano e mescolate bene, poi unite anche la purea di gobbi e mescolate ancora. Imburrate uno stampo e cospargetelo di pangrattato. Accendete il forno a 170°. Mettete il composto nello stampo e infornate per circa un'ora, ma anche di più, la superficie dovrà essere ben colorita. Servitelo tiepido con una fondutina di formaggio, potete farla sciogliendo a fiamma bassissima del parmigiano o taleggio in un po' di panna liquida. Viene bello anche in uno stampo da plum-cake o negli stampini individuali per una cenetta chic!


Buon appetito!




mercoledì 5 novembre 2014

Belle e colorate baguettes per il contest del Molino Grassi

Siete mai stati al Mercato Centrale, primo piano, a Firenze? Sì, di sicuro, ormai non è più una novità. Allora quasi sicuramente avrete anche assaggiato queste magnifiche baguettes del mitico fornaio francese David Bedu, al curry e sesamo nero: davvero se le assaporate ad occhi chiusi vi sembrerà di essere in una delle migliori boulangerie di Parigi. Il maestro Bedu usa solo farine macinate a pietra con tracciabilità controllata e lievito madre, e tutti i suoi pani hanno origini antiche e sono meravigliosi, dal pane di San Lorenzo, al pan a la Reyne, nato in onore di Caterina de' Medici, a queste stupende baguettes, che io parto da casa per comprarle anche se non abito proprio dietro il Mercato Centrale. Poi è successo che mi sono iscritta al contest del Molino Grassi, questo qui, presentato sul blog di Valentina Venuti, che mi ha dato la possibilità di sperimentare due ottime farine: la Kamut e la Miracolo (per il secondo esperimento ci vediamo alla prossima ricetta sul prossimo post :P), e allora mi sono detta: quale migliore occasione per tentare di emulare un grande maestro? 

 Il risultato è stato superiore alle aspettative: dopo un primo tentativo riuscito buonissimo al gusto, ma così così dal punto di vista estetico, (baguettes troppo grosse e tagli fatti troppo in profondità), il giorno dopo, cioè oggi, ci ho riprovato, e stavolta mi dichiaro soddisfatta sotto tutti i punti di vista! Oh, mica si nasce imparati. Provando e riprovando, come dice il mio amico Corrado...


Ingredienti per due baguettes:
350 gr. di farina biologica kamut QB del 
Molino Grassi
245 gr. di acqua
7 gr. di lievito di birra disidratato arricchito 
di lievito madre "Paneangeli" (non è male!)
7 gr. di sale fino
1 cucchiaino di curry
15 gr. di semi di sesamo nero (io ho usato


quelli Wiberg, ottimi)
     

Mettete nella ciotola dell'impastatrice la farina, il lievito e il curry e date una prima mescolata, anche col gancio va benissimo. Aggiungete l'acqua a filo e impastate per cinque minuti. Aggiungete il sale e continuate a impastare per altri cinque minuti, a bassa velocità (2 o 3 al massimo). Alla fine aggiungete i semi di sesamo (io li ho tostati mentre la macchina andava) e date un'ultima girata per incorporarli. Togliete l'impasto dalla ciotola e trasferitelo in un'altra ciotola in cui avrete messo un po' di farina sul fondo. Spolverate l'impasto con altra farina, coprite con pellicola a contatto e lasciate lievitare mezz'ora nel forno con la lucina accesa. Riprendete l'impasto, sgonfiatelo un pochino e rimettetelo a lievitare di nuovo per un'ora. A questo punto, riprendete l'impasto, dividetelo in due parti uguali e stendetene una con il mattarello in forma di rettangolo, ripiegatelo in tre, giratelo con il lato piegato verso di voi e con le mani arrotolatelo fino a formare prima un rotolo più grande, poi, stendendolo con le mani dal centro verso l'esterno, fino a formare una baguette sottile.










Fate la stessa cosa anche per l'altra quantità di impasto e mettete le due baguettes a lievitare per un'altra mezz'ora nello stampo di metallo apposito, nel frattempo accendete il forno a 220°. Trascorso il tempo di lievitazione, incidete le baguettes superficialmente con una lametta in senso obliquo, e infornatele per circa quaranta minuti, avendo cura di abbassare via via la temperatura fino a 160°, o almeno fin quando saranno belle dorate e se date dei loro dei colpetti suoneranno vuote. Fatele raffreddare appoggiate verticalmente. La crosta viene meravigliosamente croccante e saporita, l'interno è alveolato e soffice, e questo credo sia merito del tipo di farina che ho avuto la fortuna di poter usare. Ancora grazie al Molino Grassi e a Valentina Venuti!  


Con questa ricetta partecipo al contest di Molino Grassi 

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